STRANGER TEACHING

di Stefano Rossi

Cari Guitar-Nauti,

Torna la rubrica “STRANGER TEACHING“!

È un grande piacere per me dare spazio a Stefano Rossi, qui sulle colonne di Lezioni-Chitarra.it. Stefano è un esperto chitarrista e insegnante, e attraverso questa rubrica ci parla di didattica, di chitarra ma anche di rapporti umani nell’ambito della formazione. Ma perché “Stranger Teaching”? Perché, a differenza degli articoli dal tenore giornalistico che abbiamo pubblicato finora, lo sguardo di Stefano è molto più ironico, libero nell’espressione, a tratti dissacrante. E alcuni dei temi trattati sono così seri e eternamente irrisolti che l’unico modo serio per trattarli è, in definitiva, con l’ironia 😉 Buona lettura! – Claudio.

Perché tuo figlio non vuole più suonare

disperazione

Tuo figlio ti sta assillando da settimane: vuole assolutamente una chitarra. Dopo aver visto quel concerto in TV assieme a te, non c’è un momento in cui non ti chieda quando gliene prenderai una. Stai uscendo dal negozio insieme a lui e alla sua nuova chitarra. Tutto sommato, nonostante il portafogli più leggero, sei soddisfatto: è davvero felice, e tu hai sempre amato la musica, anche se non hai mai iniziato a suonare nulla. Ti fa piacere pensare che possa diventare un musicista in erba. Una settimana dopo, la chitarra è stata abbandonata nello sgabuzzino di casa e nonostante la tua insistenza, tuo figlio non ne vuole più sapere.
Cosa gli ha fatto cambiare idea così velocemente? Come mai non è diventato il nuovo Mozart? C’è un modo per evitare che i bambini si stanchino dello strumento?

Vedere contro fare

Quante volte ti è capitato di vedere un film e di invidiare il protagonista? Nel cinema si trattano i temi più disparati, evidenziando la figura principale come incredibilmente carismatica a prescindere dal ruolo che interpreta. Nei film ci insegnano che chiunque potrebbe essere un eroe: polizia, agenti speciali, impiegati, agenti di borsa, assassini, criminali, impiegati, medici. Perfino gli animali.

supercane

L’eterna lotta tra il bene e il postino.

Ora, unite l’invidia che provate alla fine della visione di un film appassionante alla visione infantile della vita e avrete quello che sta provando vostro figlio quando desidera uno strumento musicale. Nella sua testa l’unico distacco tra lui e il chitarrista che ha visto in televisione risiede proprio nella chitarra. Lui vuole diventare il musicista sul palco, ma non ha la benché minima idea di cosa lo aspetta per arrivarci. Quando il bambino guarda un cartone e gioca con i suoi amici a interpretare un personaggio, non gli basta semplicemente imitarne la voce o i movimenti: ti chiederà di comprargli un gadget. Per essere un musicista quindi ha bisogno dello strumento, allo stesso modo con cui ti chiederebbe di comprargli lo scudo originale di Captain America piuttosto che usare il coperchio del bidone del rifiuto umido per emularlo. Fino a che non avrà un oggetto il più simile possibile a quello del suo eroe del momento, non si sentirà soddisfatto.
Quando i bambini imitano un film o un cartone animato specifico giocando insieme, quanto tempo passa prima che smettano di giocare in questo modo? Di solito il tempo necessario per trovare un altro film o cartone che li appassioni in ugual misura. E quindi, la “passione incredibile” per lo strumento di vostro figlio potrebbe sfumare alla visione del prossimo film degli Avengers.

Talento, ne abbiamo?

Avrai guardato mille volte il video del bambino di 6 anni che suona il pianoforte come un professionista, o del ragazzino di 8 anni che esegue acrobazie circensi con la stessa facilità. Oppure il video del bambino indonesiano che si fuma 40 sigarette al giorno.

bimbofumante

No, non è una battuta.

Guardando questi casi eccezionali, siamo portati a credere che nel momento in cui un bambino inizi ad avere una passione o un hobby “da adulto”, allora lo porterà avanti per tutta la vita. Quando questi casi eccezionali balzano ai nostri occhi, ci rimangono nella mente come la pubblicità del meteorite dei Buondì Motta. La routine e la quotidianità non si fissano altrettanto facilmente nella nostra memoria e quindi non sappiamo quanti “musicisti” in tenera età abbandonino lo strumento in futuro.
Ci dimentichiamo che le persone cambiano. I bambini, in particolare, hanno mutamenti repentini di personalità e carattere: da un giorno all’altro un ragazzo timido diventa estroverso, o l’opposto. Lo stesso vale per le passioni e per gli hobby. Da ragazzino adoravo i manga, li seguivo e ne compravo a bizzeffe. Ora, quelli che non ho ancora venduto giacciono in uno scatolone in un sottoscala. Se vi interessa, ve lo cedo a un prezzaccio. Contattatemi!
Molti genitori potrebbero obiettare su questo e pensare invece che il successo strumentale derivi dal talento. E’ una delle domande più comuni da parte dei genitori: “Mio figlio ha talento? Dopo quanto si capisce se ha talento?“. Anni fa ho sentito un padre che, orgoglioso della figlia di quarantacinque giorni, dichiarava “Guarda come muove bene le dita, tutte belle separate. Ha sicuramente un talento come pianista”. Penso che, se avesse ragione, il tipo in questione sarebbe assunto a tempo indeterminato da una qualunque major discografica solo per girare il mondo in tutti i reparti di ostetricia degli ospedali in qualità di talent scout.
Trovo che il presupposto del talento come unico veicolo al raggiungimento di un obiettivo sia completamente errato. Un insegnante con esperienza può intuire una predisposizione per la musica. Se il bambino si dimostra coordinato, se riesce a intonare le note con la voce, se impara velocemente a leggere le note chiaramente sarà avvantaggiato rispetto a un suo coetaneo con qualche problema di ritmo, oppure vocalmente meno intonato (N.B.: ho volutamente evitato l’aggettivo “stonati” perché sono davvero pochissimi i cosiddetti casi di amusia) oppure meno scorrevole durante la lettura dello spartito. Ma sul lungo termine, la pratica costante è ciò che differenzia maggiormente il raggiungimento di una certa abilità. Moltissimi deficit di coordinazione e uditivi si correggono con l’ascolto attivo della musica, ossia il tentativo di riprodurre vocalmente o strumentalmente un suono che abbiamo udito in precedenza. Io stesso, nel corso degli anni, ho avuto dei risultati incredibili con allievi giovani e giovanissimi che sembravano aver perso le speranze (alcuni di loro erano stati allontanati da precedenti insegnanti, che li avevano esortati a smettere di suonare). A volte la sottile linea tra l’abbandono dello strumento e l’essere un musicista può essere semplicemente una giusta motivazione.

“Altri compiti!?”

Immaginate di essere un tecnico informatico. Avete lavorato tutto il giorno per risolvere problemi dei vostri clienti: pc che non partono, periferiche che non si vedono, stampanti che si inceppano. Tornate a casa, già pregustando le lasagne che vi ha promesso per pranzo vostra moglie: solo lei le sa fare così buone. E varcando l’uscio di casa, la sua dolce voce, che vorreste solamente udire pronunciare le parole “È pronto, in tavola!” invece se ne esce con un “Il computer non parte più, sistemalo così posso vedere come va a finire Grey’s Anatomy”.

pianto

E al posto delle lasagne, ti aspetta una minestrina.

Quando un bambino si ritrova a dover studiare per un’attività extrascolastica, spesso proverà la stessa frustrazione del povero tecnico descritto sopra. “Ma come, la scuola è finita, devo pure fare i compiti e per di più frequento un corso in cui mi danno altri compiti?!”. Spesso è difficile scollegare il concetto di studio dal concetto di scuola, soprattutto se in quest’ultima il bambino non si diverte.

Il ruolo dell’insegnante di strumento, in questa circostanza, è cruciale. Deve cercare di rendere le lezioni poco stressanti e di rendere l’esercizio a casa piacevole, in modo che il giovane musicista non desista alle prime difficoltà. Se un bambino si diverte, sarà lui stesso a cercare di imparare di più e non si sottrarrà mai ad alcuna richiesta di esercizio da parte del suo insegnante.
Quando frequentavo le scuole medie, c’era una materia che aspettavo sempre come se fosse l’unico scopo della mia presenza: inglese (pensavate fosse musica eh?). Mi piaceva tantissimo tradurre i testi delle canzoni e i dialoghi che leggevo nei videogames. Alle elementari ancora non c’era la lezione di inglese, e mi arrangiavo con un dizionario e tanta pazienza. Quando iniziava l’ora di inglese, ero felice che il mio insegnante mi spiegasse la grammatica, in modo da poter comprendere meglio tutto quello che leggevo. Grazie a quelle lezioni, non ho più dovuto studiare inglese per tutta la durata delle scuole superiori e per un breve periodo ho pure lavorato come traduttore.
Per me, le ore di inglese erano una cosa diversa rispetto alle altre ore di scuola. Non mi sentivo costretto a essere lì, volevo esserci. E quando mi esercitavo a casa, lo facevo come un divertente passatempo e applicavo tutto quello che imparavo immediatamente, cercando qualunque testo letto in precedenza che contenesse ciò che avevo imparato.
Chiaramente, non per tutti l’ora di inglese era così. Io stesso non provavo di certo amore per tutte le materie: io odiavo disegnare e piuttosto di farlo avrei pulito volentieri tutti i cestini della scuola. Logico, ognuno ha i suoi gusti. Però sono convinto che, tranne rari casi in cui una persona non si senta assolutamente attratta da una qualche attività, per lo più dipenda dalla passione e dalla motivazione che viene indotta nell’allievo da chi lo segue nell’apprendimento.
Sarei arrogante nell’affermare di essere riuscito a trasmettere la mia passione per lo strumento a tutti i bambini con cui ho avuto il piacere di lavorare. Ma anche se chiaramente le soddisfazioni immediate arrivano proprio con i ragazzini che “giocano” con la chitarra più che con una Playstation, il mio obiettivo è di far percepire il piacere di suonare proprio a quelli meno convinti di divertirsi con lo strumento. E il pensiero di far entrare la musica nelle loro vite nello stesso modo con cui il mio insegnante di inglese fece entrare la lingua anglosassone nella mia, è una delle più grandi motivazioni che mi possano spingere a continuare questo lavoro.

 

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La soluzione per il genitore

Quindi, come posso fare io, genitore, a rendere mio figlio un eccellente musicista?
Non puoi. O meglio, non potrai mai costringerlo ad amare qualcosa contro la sua volontà. Asseconda la sua volontà a provare qualunque strumento musicale, cerca un insegnante valido e con un programma ben strutturato che gli dia una mano. Cerca la comunicazione con l’insegnante di tuo figlio, ricordandoti che se non sta imparando, una parte di responsabilità potrebbe essere sua e non solamente del didatta. Se tuo figlio non dovesse essere soddisfatto, cambia insegnante. E se ancora non è soddisfatto, probabilmente suonare non fa per lui. Questo non significa però che non potrà farlo mai più: magari arriverà un momento, tra cinque, dieci, quindici anni in cui vorrà riprovarci, questa volta più determinato e con un’altra maturità. O magari sarà solo un modo con cui potrà capire di apprezzare l’ascolto della musica anziché l’esecuzione o la produzione.

Del resto, non c’è niente di male nel gradire l’operato di altre persone pur non producendo nulla di simile.
Praticamente lo stesso rapporto che ho io con il profiterole.

profiterole

Pasticceri, vi amo anche se non so fare nemmeno una cheesecake.

P.S.: un grazie infinito a Charlie (urlante in foto), mitico insegnante di inglese e grande appassionato di musica, per essere stato un mio punto di riferimento nella didattica e nel rapporto con gli allievi.

charlie

Stefano Rossi

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