STRANGER TEACHING

di Stefano Rossi

 

 

Cari Guitar-Nauti,

Torna la rubrica “STRANGER TEACHING“!

È come sempre un grande piacere per me dare spazio a Stefano Rossi, qui sulle colonne di Lezioni-Chitarra.it. Stefano è un esperto chitarrista e insegnante, e attraverso questa rubrica ci parla di didattica, di chitarra, di musica in generale ma anche di rapporti umani nell’ambito della formazione. Ma perché “Stranger Teaching”? Perché, a differenza degli articoli dal tenore giornalistico che abbiamo pubblicato finora, lo sguardo di Stefano è molto più ironico, libero nell’espressione, a tratti dissacrante. E alcuni dei temi trattati sono così seri e eternamente irrisolti che l’unico modo per trattarli è, in definitiva, con l’ironia 😉 Buona lettura! – Claudio.

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“Il tempo vola e noi no. Strano sarebbe se noi volassimo e il tempo no, il cielo sarebbe pieno di uomini con l’orologio fermo.”

Ho sempre voluto iniziare uno scritto con questa citazione di Alessandro Bergonzoni, dopo averla letta sul mio diario di terza media, ma non ne avevo mai avuto l’occasione. E finalmente oggi posso usarla, quindi potrei anche chiudere qui l’articolo e tanti saluti!
Ma dato che l’argomento è uno dei più spinosi che si possono affrontare in ambito musicale, sia dal lato di chi suona sia dal lato di chi insegna, meglio spenderci due parole in più.

Credo che tutti i musicisti, prima o poi, nel corso della loro vita, si siano trovati di fronte a qualche difficoltà di coordinazione. Se questa difficoltà si risolve in cinque-dieci minuti di esercizio, allora di norma la problematica è trascurabile. Ma quando nonostante le ripetizioni continue e assidue di un pezzo non riusciamo veramente a sincronizzare i nostri gesti per produrre ciò che più vorremmo suonare in quel momento, allora siamo di fronte a un problema di ritmo.

Ma da dove nascono queste problematiche? E c’è un modo semplice per risolverle?

 

 

Infanzia difficile

Ricordi quando alla scuola materna ti facevano cantare e danzare assieme ai tuoi amichetti? E di come ti sentivi ridicolo a indossare dei costumi che avrebbero permesso ai tuoi genitori di scattare delle foto imbarazzanti da mostrare non solo ai parenti, ma anche (e soprattutto) a tutti i tuoi futuri partner?

 

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 E se arrivi per ultimo alla scelta dei costumi, ti tocca quello blu col triangolo giallo.

 

È possibile che tu odiassi profondamente far parte di queste cose. Ma il motivo per cui venivano svolte queste attività era lo sviluppo della capacità motoria nel periodo infantile, che permette poi all’individuo adulto di avere la coordinazione necessaria a svolgere compiti più complessi. In un contesto come quello della didattica di gruppo, chiaramente, non è sempre possibile recuperare le casistiche critiche ed è per questo che si notano delle differenze sostanziali (a inizio attività) tra i bambini che hanno dei genitori che ascoltano musica in modo attivo, o che addirittura ballano, e quelli invece che purtroppo non hanno la stessa fortuna. Lo scopo di reiterare le attività musicali e di “recitazione” è proprio quello di colmare le lacune più importanti a livello cognitivo e sperare che il principio di emulazione dei propri simili (che è una parte fondamentale della nostra intelligenza animale) risolva queste discrepanze. 

Ovviamente se il bambino è invogliato alla partecipazione in queste attività, le vivrà come un gioco e senza alcuna imposizione canterà e ballerà anche a casa per far vedere ciò che ha imparato ai propri genitori. In questa circostanza, sono certo che saremo di fronte a un individuo che, se dovesse studiare uno strumento, non avrà nessun problema irrisolvibile di coordinazione.

 

 

Un problema invisibile

Che succede se questo problema viene trascurato? Non si acquisisce una certa sensibilità al ritmo, e quindi non cogliendone i principi fondamentali non ci si rende conto se si è coordinati o meno. E non c’è nulla di peggio di non rendersi conto quando si sta sbagliando.

 

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Come quando uno stilista decide che è trendy sembrare uno scovolino per le bottiglie.

 

Ciò rende la risoluzione di questa problematica davvero difficile. È molto complicato per una persona che non va a tempo riuscire a risolvere autonomamente questa difficoltà, perché non avendo un punto di riferimento su cui basarsi, si rischia semplicemente di continuare a sbagliare all’infinito. Mi è capitato diverse volte di avere degli allievi che studiavano assiduamente, ma purtroppo non riuscendo a coordinarsi con il ritmo, non avevano grandi miglioramenti in tal senso. È infatti complicato, soprattutto per chi è alle prime armi con un nuovo strumento musicale, riuscire a concentrarsi per suonare e contemporaneamente seguire il ritmo, se quest’ultimo non è già innato.
Una piccola curiosità: tra gli studenti con meno difficoltà che ho avuto nel corso degli anni, una categoria con cui ho avuto la fortuna di avere a che fare sono gli sportivi professionisti. Molto probabilmente, i costanti allenamenti e il dover sviluppare una sensibilità fisica al di fuori del comune porta lo sportivo a essere particolarmente ricettivo alle indicazioni che vengono fornite. Quindi non mi stupirei affatto se, ora che è a fine carriera, tra qualche anno mi ritrovassi ad ascoltare Gianluigi Buffon suonare il contrabbasso in qualche jazz club.

 

 

Soluzione impossibile?

Vista in quest’ottica, la questione potrebbe sembrare un vicolo cieco. Se non ho sviluppato il ritmo in tenera età, sono destinato a non poter suonare mai?

Fortunatamente non è così. Nulla è realmente impossibile, pensò il chihuahua scrutando con occhio di sfida il didietro della femmina di labrador in calore. Se la persona è realmente motivata nel risolvere questa lacuna, anche se con molta fatica ci può essere una graduale compensazione del deficit.
Il primo passo per risolvere questo problema è suonare con qualcuno che va a tempo. Anche brani o pezzi di brani molto semplici, ma suonando assieme si stimola il già citato principio emulativo.

Un insegnante da questo punto di vista è insostituibile, perché riesce anche a consigliare all’allievo i punti su cui focalizzare l’attenzione per rendere l’apprendimento più rapido.

Il secondo passo è cercare di suonare ponendo sempre l’attenzione al ritmo. Shakespeare diceva “Il tempo va diversamente a seconda della persona”. Per questo abbiamo bisogno di un dannato metronomo. Avere sempre costantemente il metronomo attaccato quando suoniamo ci aiuterà (e non poco) a sviluppare l’orecchio nel riconoscimento della pulsazione. Attenzione poi a non suonare mai ignorando il metronomo in sottofondo: su questo sono particolarmente severo anche nei confronti degli allievi più piccoli, proprio perché non voglio incoraggiare la sensazione che il tempo sia una cosa di secondaria importanza rispetto alle note o ai gesti che si compiono per ottenerle. Molto spesso preferisco una nota sbagliata, rispetto a un ritmo impreciso.

Il terzo passo è avere pazienza e non pretendere troppo da noi stessi. Anni fa, quando ho iniziato a fare palestra, ho sviluppato una contrattura al braccio destro per aver esagerato con il carico su una macchina. Per una giornata intera ho dovuto utilizzare il braccio sinistro per riuscire ad alzare il destro, il muscolo non ne voleva più sapere di funzionare. Può sembrare una strana analogia, ma anche il nostro cervello funziona così. Fare una sessione di pratica limitata ma quotidiana (ancora meglio se tempisticamente crescente di giorno in giorno) è molto più utile di una lunga sessione ma sporadica. Abbiamo bisogno di allenare la concentrazione, e il successivo rilassamento è utile tanto quanto l’allenamento. 

E se ne avete la possibilità, oltre a suonare, andate anche a ballare. Vi darà uno sprint in più per migliorare più velocemente.

E poi, dai, saper ballare è davvero cool.

 

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Nessuna obiezione accettata.

 

 

Stefano Rossi

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