STRANGER TEACHING

di Stefano Rossi

Cari Guitar-Nauti,

Torna la rubrica “STRANGER TEACHING“!

È come sempre un grande piacere per me dare spazio a Stefano Rossi, qui sulle colonne di Lezioni-Chitarra.it. Stefano è un esperto chitarrista e insegnante, e attraverso questa rubrica ci parla di didattica, di chitarra, di musica in generale ma anche di rapporti umani nell’ambito della formazione. Ma perché “Stranger Teaching”? Perché, a differenza degli articoli dal tenore giornalistico che abbiamo pubblicato finora, lo sguardo di Stefano è molto più ironico, libero nell’espressione, a tratti dissacrante. E alcuni dei temi trattati sono così seri e eternamente irrisolti che l’unico modo per trattarli è, in definitiva, con l’ironia 😉 Buona lettura! – Claudio.

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TEORIA IN ORDINE 13 – QUALI SONO LE NOTE “BUONE” DI UNA SCALA?

 

 

Possono esistere il bene e il male nell’arte? Ci può essere una distinzione netta tra ciò che si può fare o ciò che invece è severamente vietato?

Nel corso dei secoli moltissimi compositori e teorici musicali hanno ipotizzato una serie di regole che descrivevano il concetto di bello in senso assoluto, senza mai giungere a una conclusione stabile. Nonostante il quantitativo di materiale scritto prodotto a tale scopo.

Secondo solo agli scritti che discutono sulla presenza o meno del grana sulla pasta col tonno.

 

Difficile quindi stabilire concretamente cosa ci sia di giusto o sbagliato in musica. Ma stringendo il campo e concentrandoci su un elemento singolo, possiamo però delineare un paio di regole che possono comunque avere un senso.

Parliamo dunque della scala e delle sue tensioni e cerchiamo di dare una “raddrizzata teorica” a quello che dovrebbe essere una tipologia di suono “piacevole” alle nostre orecchie.

 

GIOCARE CON LE TENSIONI… SENZA PRENDERE LA SCOSSA

Abbiamo già visto in precedenza che, all’interno di una scala, in presenza di una distanza di semitono avviene una cosiddetta tensione in musica. Significa che una delle due note suonerà meno bene dell’altra in funzione del suo utilizzo melodico.

Pongo l’attenzione sul termine che ho utilizzato: meno bene. Questo non significa che la nota debba suonare male a prescindere, ma che a un utilizzo standard risulterà comunque meno gradevole alle nostre orecchie rispetto alle altre. Come se mettessimo fuori contesto uno strumento all’interno di una band, come una cornamusa su un palco heavy metal.

 

A chi potrebbe mai passare per la tes… oh no.

 

Si possono distinguere due tipi di tensioni diverse in musica.

DoReMiFaSolLaSiDo

Prendendo come riferimento la scala maggiore di Do, notiamo che vi è tensione tra terza maggiore e quarta giusta e tra settima maggiore e ottava giusta. A seconda del loro posizionamento, sapendo che la nota migliore è sempre quella dell’accordo, possiamo dire che nella prima accoppiata la tensione si risolve in senso discendente, mentre nel secondo caso la risoluzione avviene in senso ascendente.

Questa apparentemente piccola differenza è invece molto importante dal punto di vista sonoro. Infatti, quando la tensione si risolve in senso ascendente vi è il cosiddetto movimento di sensibile. Questo tipo di tensione risulta gradevole all’orecchio umano. Nel caso contrario, vi è invece il movimento di controsensibile, che risulterà invece sgradevole.

Il principio di analisi delle tensioni ci consente di stabilire già in partenza quanto una certa scala “suoni bene”, perché se nella scala prevalgono i movimenti di sensibile, questa sarà utilizzabile in modo più immediato per la creazione di melodie scorrevoli. La scala maggiore, come abbiamo visto, ha entrambi i movimenti. La quarta giusta si rivela essere un movimento di controsensibile e pertando dovrà essere utilizzata solamente come nota di passaggio (a meno che non sia presente un accordo che la giustifichi, in questo caso un Fa maggiore). La settima maggiore invece, presentando un movimento di sensibile risulterà una piacevole sospensione e quindi potrà essere utilizzata più liberamente nella creazione di eventuali melodie (o nelle improvvisazioni).

 

IL PERCHÉ DEGLI “SLIDE”

Seguendo questo principio, è intuibile anche il perché tendenzialmente, quando sulla chitarra eseguiamo uno slide verso una nota di risoluzione di una melodia, preferiamo farlo in senso ascendente: avremo una sonorità certamente più gradevole e morbida rispetto all’esecuzione dello stesso in senso discendente.

Con questo possiamo capire come mai risulti piacevole e molto caratteristico l’uso del bottleneck da parte dei chitarristi blues. Possiamo capire perché gli stessi usino spesso lo scivolamento da terza minore a terza maggiore nei fraseggi. Perché i violinisti classici spesso anticipino le note dell’accordo con una nota presente esattamente un semitono indietro.

Ma capiamo anche perché, per esempio, Steve Vai spesso esegua il contrario: effettuando uno slide discendente verso una nota si avverte un senso di instabilità che crea nell’ascoltatore un momento particolare di ascolto.

Quindi, grazie allo studio delle tensioni possiamo capire quali siano le note “buone”o “cattive” di una scala per usarle per i nostri fini creativi. Sperando, con l’esperienza, di raggiungere un risultato esteticamente valido.Ma niente paura. Anche se componessimo qualcosa di orrendo, non sarà mai così brutto quanto la chitarra a cuore di Steve Vai.

 

No. Proprio no.

 

 

Stefano Rossi

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